Svelato nella dieta il segreto della longevità 

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Mangiare poco protegge dall’invecchiamento e dalle malattie. A confermarlo sono i ricercatori della Mount Sinai School of Medicine, guidati da Charles Mobbs, professore di neuroscienze e di medicina geriatrica e palliativa. In uno studio pubblicato dalla rivista Public Library of Science Biology gli scienziati hanno individuato nella proteina CBP (CREB-binding protein) la molecola alla base di questo processo. La ricerca è stata effettuata utilizzando l’organismo modello C. elegans. Quando la quantità  di cibo assunto dall’animale viene ridotta CBP si attiva e porta ad un aumento del 65% della vita media e sintomi simili a quelli dell’Alzheimer diminuiscono del 50%. Viceversa, se l’attività  di CBP viene bloccata non si riscontrano più gli effetti benefici della restrizione dell’alimentazione. Infine, la stimolazione dell’attività  di CBP continua fino a che viene mantenuto un regime alimentare ristretto, suggerendo che qualora venga nuovamente aumentata la quantità  di cibo assunto venga perso l’effetto protettivo. Una seconda parte dello studio è stata, invece condotta su topi che, in un regime di dieta ipercalorico, hanno sviluppato il diabete, una patologia in cui è alterata la capacità  di metabolizzare il glucosio. In questo caso l’attività  di CBP viene ridotta; i ricercatori hanno ipotizzato che la durata della vita possa diminuire a causa della generazione di stress ossidativo, un processo che danneggia i tessuti e promuove la crescita delle cellule tumorali. “Non si tratta di contare le calorie o eliminare specifici alimenti”, ha specificato Mobbs, “ma di come una riduzione della quantità  di cibo assunto influenza il metabolismo del glucosio, che contribuisce allo stress ossidativo”. Insomma, non sarebbe importante eliminare in modo specifico grassi, proteine o carboidrati, ma di limitare i processi di ossidazione delle molecole che si trovano nelle cellule e che sono alla base dei processi di invecchiamento. Per questo motivo è importante trovare il giusto bilancio: è sufficiente una restrizione del 30% perché la durata della vita aumenti del 50%, mentre una riduzione dell’80% la abbrevia. La ricerca mira ora ad identificare le altre molecole che, insieme a CBP, partecipano a questo processo. Secondo gli scienziati avere una mappa completa delle interazioni tra i diversi fattori coinvolti aiuterà  a sviluppare dei farmaci che agiscano simulando l’effetto protettivo di CBP. Fonte: Zhang M, Poplawski M, Yen K, Cheng H, Bloss E, et al. 2009 Role of CBP and SATB-1 in Aging, Dietary Restriction, and Insulin-Like Signaling. PLoS Biol 7(11): e1000245. doi:10.1371/journal.pbio.1000245

Publicato: 2009-11-20Da: Bio Blog

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